Sicilia (11 aprile 2024) – Nell’ambito dei lavori per il Ponte sullo Stretto, si profilano indennizzi statali destinati a soggetti legati alla ‘ndrangheta, inclusi parenti dei boss della cosca Mancuso e condannati per crimini mafiosi, in un’operazione completamente legittima. Il progetto definitivo, elaborato dalla Stretto di Messina S.p.A. e dal Consorzio Eurolink capitanato da Webuild, prevede l’istituzione di un deposito per materiale inerte (Cra3) a Limbadi (Vibo Valentia), implicando l’esproprio di terreni in una zona rurale nota come “Petto”.
di Davide Lettera
Tra i terreni interessati dall’esproprio, circa 60mila metri quadrati appartengono a familiari dei capi della nota cosca Mancuso. Tra questi, figura anche l’imprenditore Francesco Naso, condannato in primo grado a 18 anni per associazione mafiosa nel contesto del Maxiprocesso Rinascita Scott, per aver fornito materiali edili al clan in cambio di favoritismi territoriali.
Il sito calabrese di Nicotera e Limbadi, selezionato per il deposito e il recupero ambientale, dista diverse decine di chilometri dal futuro ponte. Questa zona, un tempo cava di inerti per la produzione di calcestruzzo, oggi risulta in stato di abbandono. La restituzione di questa area all’ambiente e alla comunità richiederà il pagamento di indennizzi ai proprietari terrieri, una mossa legale che nondimeno solleva questioni etiche, vista la notorietà dei beneficiari.
La compensazione toccherà anche Carmina Antonia Mancuso, figlia del defunto capomafia Francesco Mancuso, e altri membri della famiglia, oltre a Naso, a cui verranno espropriati terreni per una cifra non ancora definita. Sebbene l’operazione sia pienamente conforme alla legge, essa non manca di suscitare dubbi e potenziali imbarazzi.
Last modified: Aprile 16, 2024